Alla storia calcistica di Christian Riganò si possono applicare due modelli classici della narrazione sportiva. Uno è il paradosso del volo del calabrone, dell’atleta riuscito a eccellere e a stupire nonostante il suo corpo, così lento e pesante da essere spesso più un ostacolo che un vantaggio. L’altro è la grande scalata al successo, nella quale i gradini sono i dieci livelli del campionato italiano di calcio.
Rappresentata graficamente, la carriera di Riganò dai 19 ai 30 anni ha questa forma qui.
Nella seconda parte della sua vita da calciatore, Riganò costringe i due modelli a delle variazioni che li rendono più interessanti. A 35 anni di età, riscende la scala e torna là da dove era venuto, e poi ancora più giù, ma senza nessuna tristezza: lo fa con nostalgia, con curiosità, con voglia di giocare a calcio.
La rappresentazione grafica dell’intera carriera di Riganò, dai 19 ai 41 anni: ha giocato in 9 campionati su 10, tutti tranne la Terza Categoria.
In quella fase il suo corpo di calabrone si fa ancora più pesante, perde definitivamente le sembianze da atleta e resta semplicemente enorme e ancora più impossibile da gestire. Ciononostante, Riganò continua a segnare, come sempre. Durante tutta la sua carriera, dal Taranto alla Fiorentina, dal Messina alla Liga spagnola fino al Montevarchi, ha esibito un eccezionale ventaglio di soluzioni creative da area di rigore. Alcuni dei suoi gol, bellissimi di per sé, diventano pazzeschi proprio perché fatti da lui. Io l’ho incontrato per commentarne insieme alcuni, i miei preferiti. Lui se li ricorda tutti, e conosce a memoria i suoi video su YouTube: li riguarda “ogni tanto, con gli amici”. Da ottobre scorso allena in Prima Categoria Toscana l’Ideal Club Incisa, l’ultima squadra in cui ha giocato, e quando lo vedo e gli sistemo un computer davanti, lui ha appena finito di farsi la doccia dopo la partita: Riganò si sente ancora un calciatore.
«L'obiettivo della mia carriera è sempre stato dimostrare che riuscivo a segnare in ogni Serie in cui salivo. Hai fatto gol in Promozione, vediamo se li fai in Eccellenza. Poi hai fatto gol in Interregionale, vediamo in C. Sì, in C2, ma ora vedrai in C1. Eh, ora vedrai in B. E ora in A? Quindi io i gol li prendo tutti. Tutti. Perché i gol, per farli, bisogna esserci, bisogna crederci. Se te pensi che scendi dalla Serie A e vai a divertirti in Prima Categoria, e poi non ti cali al livello che c’è in Prima Categoria, tu la palla neanche la prendi. E gol non ne fai. Non ne fai.»
Per ognuno di questi 15 gol ci sono centinaia di scatti infruttuosi, decine di idee e conclusioni sbagliate, e mentre ne parla, più che la gioia e l’orgoglio che gli hanno dato, Riganò mi trasmette la fatica con cui li ha fatti. E quanto, anche per questo, li senta suoi, li senta ancora vicini.
15. Il primo in A. Fiorentina - Livorno, Serie A, 2004/05
«Me lo ricordo, non serve che me lo fai vedere. È un cross di esterno destro di Miccoli a tagliare tra i due centrali sul secondo palo e io faccio gol in tuffo di testa. Sul cross praticamente c’era scritto ‘spingimi’. Più che per il primo gol in Serie A ero contento perché è stato il primo gol dopo essere arrivato in Serie A ed essermi fatto 3 mesi e mezzo di infortunio. Esordio a Roma a trent’anni, crack: tre mesi e mezzo fuori. Quindi, più che altro, era gioia per essere tornato a giocare. Perché comunque, quando sei calciatore, i gol li puoi fare sempre.»
14. Mirare in tuffo. Messina - Palermo, Serie A, 2006/07
«Questo è mirato. Poi non è detto che la palla sbatte sul palo e va dentro, ma comunque è un cercare di prendere in controtempo il portiere. La palla arriva da destra verso sinistra e così anche il portiere, incroci e lo pigli sul tempo. Altri modi di far gol non ce n’erano. Se riesci a incrociare, bene, altrimenti nulla. Se tu guardi i miei gol di testa, così ne ho fatti tanti.»
13. Quello di tacco. Montevarchi - Florentia Viola, Serie C2, 2002/03
«Quello di tacco è contro il Montevarchi in C2, in campo neutro ad Arezzo. Sei avanti col corpo e qui puoi solo fare questo, se no non fai gol.»
Riganò sottolinea solo l’aspetto decisionale, il capire come tirare. Come se il coefficiente di difficoltà tecnica e fisica dei suoi gesti non sia neanche degno di un commento.
12. Frustata. Taranto - Catania, Serie C1, 2001/02
«Qui ho fatto gol sul primo palo, non sul secondo, perché stavo correndo verso l’esterno. Non era un cross da terra, era una palla lenta: ho dato la frustata, il portiere è rimasto in mezzo alla porta e ho fatto gol.»
11. Pallonetto. Fano - Florentia Viola, Serie C2, 2002/03
«Questo è in casa, la festa per la promozione. Il portiere esce, se la fai balzare un’altra volta ti prende e allora io gli anticipo il tempo di esterno destro. Guardare quello che fa il portiere, per l’attaccante credo sia fondamentale. Ultimamente Roberto Baggio ha fatto un post su Facebook: ‘Ero io contro il portiere e dovevo cercare di capire cosa faceva lui’. Ragazzi, l’ultimo è il portiere. A volte io non lo guardo e gli tiro addosso. Se lo guardo invece la posso stoppare, andare avanti, se invece esce posso tirare di prima. Esiste la vista periferica. Io posso guardare avanti, ma a destra e sinistra lo vedo che succede. Anche se guardo dritto e tu sei qui, a fianco, se ti muovi io ti vedo. Se vieni incontro ti anticipo. Se ti fermi nella terra di nessuno ti faccio il pallonetto.»
Qui è dove mi rendo conto che, contrariamente a quello che pensavo, in campo Riganò non ha mai avuto nessun interesse per l’estetica. Non ha fatto altro che scegliere, in ogni situazione, la soluzione più efficiente sulla base dei suoi mezzi tecnici. Nell’ambito di ciò che gli era possibile, o che riteneva gli fosse possibile, faceva quello che rendeva il gol più probabile. Sono stati i suoi mezzi – corpo grande e pesante, piede sensibile, coordinazione, senso del tempo e dello spazio – a renderlo assolutamente atipico e consentirgli, se non a imporgli, conclusioni bellissime e inusuali. L’estetica lo appaga, sì, ma solo dopo, quando ci ripensa, anche mentre riguarda e commenta i suoi gesti. In campo lo appagava solo il gol e credo che sia questo aspetto a rendere puro un attaccante.
10. Sfondamento. Fiorentina - Genoa, Serie B, 2003/04
Questo gol mi piace moltissimo perché dà la sensazione di bomba che arriva dal cielo ed esplode a terra: Riganò stacca in terzo tempo perfetto, colpisce all’apice dell’elevazione schiacciando verso il basso, e a quel punto difensore e portiere saltano entrambi per aria come se la forza d’urto dell’incornata li avesse fatti brillare.
«Su questo di testa io son già posizionato e se la palla arriva lì ti sfondo, faccio un buco nella rete. Un altro bello, forse anche più bello, l’ho fatto col Sassuolo.»
9. 180°. Montevarchi, Seconda Categoria, 2011/12
«Questo è il portiere che viene su, e tu gli fai il pallonetto. Però lo vedi con la coda dell’occhio. Se tu guardi c’è il momento in cui mentre stoppo la palla guardo lui. Vedi? Questa è una soluzione, se no l’altra è farla scendere e tirare sul secondo palo.»
8. Il primo in Serie B. Fiorentina - Triestina, Serie B, 2003/04
«Ecco, questo non è un gol, questo è un supergol. Stop di petto a eludere due avversari che avevo addosso. E tirare poi col piede che non è tuo. Questo è il mio primo gol in Serie B.»
E lo dice con un orgoglio che spiega quanto sia difficile la Serie B, e quanto sia difficile arrivarci.
7. Rovesciata. Fiorentina - Cagliari, Serie B, 2003/04
«La doppietta col Cagliari, l’altro su rigore. È uno di quei gol che non fai mai. Però mi ha agevolato il difensore, che mi ha dato l’appoggio. Io faccio perno sul suo corpo e tiro.»
L’idea di un difensore non più ostacolo da superare ma strumento meccanico di supporto alla propria rotazione, al proprio movimento, ai propri fini di attaccante, Riganò me la espone con la stessa naturalezza di quella rovesciata.
6. Poker sul lago. Montevarchi, Seconda Categoria, 2011/12
«Il secondo, questo, se lo fanno in Serie A ne parlano un anno.
Campo bagnato, tu vedi da dove ho tirato: sto sulla linea di fondo. E tiro d’esterno sotto le gambe. E poi il terzo, di controbalzo col campo che è un lago. Questo tu lo devi pensare, mentre ti arriva la palla. E comunque se lo sbagli ti dicono: ‘Scusa Riga, ma perché non l’hai stoppata che eri davanti al portiere?’
E invece no, io gli ho pigliato il tempo e gli ho fatto gol».
Il tempo è la chiave dei gol di Riganò, il tempo di esecuzione in relazione al tempo del portiere. C’è una lezione qui, io credo: al momento di tirare, lo spazio, il punto verso il quale mirare, è sopravvalutato. Cercare l’angolino, con tutto il rischio di metterla fuori che questo intento porta con sé, può essere addirittura innocuo se lo si fa nel momento esatto in cui il portiere se lo aspetta. Riganò vede la porta, ma sente i portieri. È su di loro che si concentra perché è solo battendo loro, rubando loro il tempo, che si fa gol di sicuro. Un tiro inaspettato è meglio di uno preciso.
5. In Spagna. Levante - Almería, Liga, 2007/2008
«Bella esperienza in Spagna. 4 gol, tre in una partita. Bellissimi. Il primo è il più facile dei tre, davanti al portiere gliela piazzo. Il secondo, di quelli che non faccio mai, sombrero e tiro al volo.»
«Ma per me, per esecuzione, il terzo è il più bello, se vedi come sono messo col corpo e come allargo il piattone, come mi ero mosso, come giro la gamba, la forza che do alla palla: è tanta roba. Il passaggio è dell’altra punta che giocava in attacco insieme a me [Riga Mustapha, oggi al Pune]. Anche lui non segnava mai.»
4. Fatalismo da terra. Montevarchi, Seconda Categoria, 2011/12
«Questo l’ho fatto da terra, ma vai indietro, che c’è un passaggio di tacco. La passo e poi vado a ricevere, il mio compagno è bravo e io lì ho sbagliato, perché non devi tirare a incrociare, devi tirare sul primo palo, dritto. Guarda, dritto a te tu fai gol. Lì il portiere l’ha respinta e quello è istinto. È istinto perché non è che dopo il tiro è finita. Dopo il tiro resti pronto per vedere se va dentro o no. C’è chi tira e si rilassa, e la palla poi gli passa accanto e niente. Invece tu resta pronto. Pronto anche a tirare di suola. L’unico modo per far gol lì qual era? Quello. E allora provi. Se va, va, se no amen.»
3. 360° solitario. Como - Fiorentina, Serie A, 2004/2005
«Graffiedi sulla sinistra la crossa. Volevo stopparla di sinistro, lasciare sul passo il difensore e tirare ancora di sinistro, poi la palla si è alzata e in un attimo ho pensato di far quello. La cosa difficile è stata essere reattivo e fare quel gesto lì. Vedi, lì è complicato portarsela avanti col piatto. Io ci vado di piatto e la palla si alza. A quel punto il problema è capire come tirare in porta. Non come fare gol, come tirare in porta. Poi se fai gol va bene. Anche perché ero solo in mezzo a sei.»
2. Da centrocampo #3. ASD Terranuova Traiana - Ideal Club Incisa, Prima Categoria, 2014/15
«Ho tirato perché il portiere era un mio ex compagno di squadra al Montevarchi e stava sempre fuori dalla porta. Non avevo nessun altro da mandare in gol, l’ho visto fuori e c’ho provato. È il terzo gol da centrocampo che ho segnato in carriera, l’ultimo. Il primo l’ho fatto nel ‘95/’96 a casa mia, quando giocavo nel Lipari. Tipo quello di Florenzi col Barcellona, ero laterale. E poi un altro due anni fa, con la Settignanese, con un pallonetto a giro di interno destro. L’attaccante centrale non è mai sotto pressione come gli altri. Spesso, se la palla non è in avanti per 30 secondi, lui sta 30 secondi a guardare la situazione. Magari vedi il portiere che sta fuori dalla porta e ti dici che se capita, e c’è il tempo, allora tiri.»
1. “Prendere il tempo” Deluxe Edition. Messina - Reggina, Serie A, 2006/07
«Tu ricordati che per un attaccante i gol sono tutti belli. Questo è il mio più bello in assoluto, sì, perché è un tipo di gol che non facevo mai, come attaccante d’area. Quell’anno a Messina ne ho fatti tanti belli, come quello contro il Cagliari, sombrero con doppio tocco di coscia e tiro al volo di sinistro. Anche in questo è stato l’istinto a farla da padrone, perché il primo controllo ce l’avevo. Avevo visto l’ombra di Alessandro [Lucarelli, suo ex compagno di squadra a Firenze] che mi voleva anticipare e mi son girato dall’altra parte. Il secondo tocco è istintivo e il terzo è il tiro che io c’ho, io ho sempre tirato in quel modo, di piatto a giro. Non sono mai stato uno che ha tirato di potenza. Non è obbligatorio tirare forte per fare gol, a volte basta piazzarla. In questo caso poi l’ho messa all’incrocio, ma questo è il mio tiro. Ne ho fatti tanti così. Guardi il portiere mentre esce e allora tu calci, gli prendi il tempo e fai gol».