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Innamorati di Hachim Mastour
15 apr 2015
Abbiamo aggiunto ai nostri giocatori Preferiti il giovanissimo fenomeno del Milan.
(articolo)
12 min
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La nostra rubrica Preferiti è realizzata grazie alla collaborazione con Wyscout: il database calcistico che ci permette di visionare giocatori di tutti i livelli, di tutte le età e di tutto il mondo.

Per capire di cosa parliamo quando parliamo di Hachim Mastour bisognerebbe perdere un po' di tempo sui suoi video che circolano in rete. Al di là dell'osservarlo in azione—un'attività possibile solo sul web, a meno che non siate abbonati al canale satellitare tematico del Milan e possiate seguirlo nella sua stagione con la Primavera—trovo interessante la retorica che si sviluppa tra i commentatori, in parte riflessa nei giudizi degli addetti ai lavori: un fenomeno (per quanto precoce) da idolatrare o uno dei tanti sopravvalutati enfant prodige dei quali perderemo memoria nel giro di dieci anni?

A sedici anni compiuti (ne farà 17 tra due mesi) ha scomodato paragoni importanti, come è già successo per Martin Ødegaard e Alen Halilovic. A differenza loro, però, che almeno un campionato vero l'hanno giocato, anche se in Norvegia e in Croazia, Hachim non ha ancora neppure fatto l'esordio in Serie A.

Per ognuno che considera Hachim il miglior talento calcistico tra quelli della sua età c'è sempre—spinta uguale e contraria—un detrattore (che per i sostenitori, chiaramente, è soltanto invidioso). Credo sia per questo motivo che Mastour rientra tra i miei Preferiti: perché solleva un dibattito, e mette a nudo tutta la vacuità insensata del dibattito stesso. Schierarsi contro la retorica non è a sua volta una retorica? Poi, ovviamente, mi piace anche il suo stile di gioco.

Ottobre 2014, Coppa Italia Primavera: quando ripenseremo a questo goal contro il Sassuolo, tra dieci anni, avremo la certezza che la ruleta con la quale Hachim supera due difensori in un colpo solo fosse davvero il “Cantami O Diva” della Mastouriade.

Ad ogni eroe il suo aedo

Dario Paolillo ha venticinque anni ed è il procuratore di Hachim: buona parte delle clip del giocatore sono caricate sul suo canale YouTube. È un figlio d'arte: suo padre Gaetano, con il quale gestisce l'agenzia di rappresentanza One, è colui che ha portato Kakà dal San Paolo al Milan.

Recentemente Dario ha avuto un diverbio con Mino Raiola, che ha dichiarato «non mi piace il circo attorno a lui», riferendosi a Mastour. Dario gli ha risposto «Mino dice che per i calciatori bisogna essere come padri: io ho venticinque anni, per Hachim sono come un fratello».

Questo sentimento diffuso di familiarità, di coccola, di affetto incondizionato e intimità domestica si percepisce in maniera tangibile in certi video che se da una parte sembrano semplici divertissement, come mettere le pastiglie alla menta nella coca-cola, dall'altra comunicano—sebbene con giocosità e levità—un messaggio chiaro: lads and gents, guardate che fenomeno è il mio assistito.

Mastour palleggia con un mandarino, e nella piena coscienza di vivere nell'era della socialità in rete invita altri utenti a sfidarlo. Nella mansarda ci sono un divano-letto, un orsacchiotto, un pallone, come nelle camerette di ogni sedicenne. Se non fosse in odore di celebrità, su quel tavolo potremmo immaginare, nell'arco di neppure un anno, cartine lunghe e fumo.

In un altro video Hachim riceve sui piedi una piccola palla, la controlla come se avesse i piedi di velcro, la tira a canestro, un canestro minuscolo. Poi lo si sente esultare da un'altra stanza, con un urlo che mi ha ricordato quello di CR7 dopo la consegna dell'ultimo Pallone d'Oro.

È chiaro che non si vive di solo freestyle, non se si vuole diventare la nuova sensazione del calcio mondiale: altre clip mostrano Hachim in campo, esibirsi perlopiù in elastici, pettinate irrisorie, tunnel che a differenza di quanto accade normalmente a quell'età non suonano canzonatorie per gli avversari, ma autocelebrative e, in sostanza, decontestualizzate. È come se giocasse da sé: raramente effettua un passaggio illuminante, un'apertura brillante, un lancio Impossibile Da Concepire. Se c'è spazio per fare da sé, preferisce.

Il suo calcio è “immagine”: come si può non impazzire per qualcuno che inscena l'art pour l'art sul campo della Polisportiva Casalgrandese?

Player, in inglese, significa più cose: giocatore, suonatore, attore. Mastour incarna tutte e tre le sfumature semantiche: è un solista che si libra sull'orchestra, il Primo Attore della compagnia, il numero Dieci, in senso ampio, della Primavera del Milan. «Le mie caratteristiche principali? Controllo di palla e dribbling. Diciamo che riesco a fare cose che gli altri ragazzi della mia età non fanno».

Tipo palleggiare con le ciliegie, che è poi il biglietto da visita con il quale Mastour si è presentato al grande pubblico. Nella primissima inquadratura, i capelli cool (il suo parrucchiere è lo stesso di El Shaarawy e Pirlo), la faccia pulita, il volto in controluce, si scorge l'aura del predestinato.

Il Preferito

Se Adriano Galliani fosse un collaboratore de L'Ultimo Uomo, questo pezzo de I Preferiti l'avrebbe dovuto scrivere lui e non io. Si è innamorato di Hachim, figlio di immigrati marocchini nato a Reggio Emilia, dopo averne sentito parlare da Arrigo Sacchi. Giocava con la Reggiana, aveva dieci anni, gli aveva messo gli occhi addosso l'Inter, che lo aveva anche fatto giocare nel Memorial Ielasi (qua c'è un gran gol in finale contro la Roma) ma non lo aveva potuto portare alla Pinetina per via del vincolo federale che impedisce il trasferimento dei minori di 14 anni. Galliani, invece, lo ha strappato alla concorrenza con un trasferimento monstre, se si considera l'età del ragazzo: mezzo milione di euro.

In occasione dell'ultima giornata della Serie A scorsa, in cui il Milan avrebbe affrontato il Sassuolo, Mastour è stato convocato per la prima volta con la squadra maggiore. Dopo aver fatto colazione con Galliani e Seedorf, Hachim è stato accolto dall'intero spogliatoio con un applauso scrosciante: se avesse esordito sarebbe stato il più giovane nella storia del Milan, più precoce anche di Paolo Maldini, e il quinto giocatore più giovane ad aver mai giocato nella Serie A. Anche se quell'appuntamento con la storia, poi, è saltato.

«Forse tecnicamente è il migliore mai uscito dai nostri settori giovanili», ha detto di lui Filippo Galli. Allegri lo ha definito in maniera lusinghiera come un giocatore con «la qualità di Robinho, la professionalità di Kakà e le doti naturali di Balotelli». Anche se la sua crescita, come ha avuto modo di dire Brocchi, «deve passare attraverso l'atteggiamento: se perdi palla devi rincorrere l'avversario».

Perché poi un paio di maniche è divertirsi nella giocoleria (un'attitudine che Hachim ha imparato ad apprezzare osservando, insieme al padre, da piccolo, le esibizioni di Street Soccer e Freestyle), un altro scendere in campo insieme a dieci compagni e di fronte a undici avversari.

Nell'ultima partita che ha disputato con la Primavera, contro il Brescia, prima che un infortunio al menisco lo tenesse fuori dai campi per due mesi (è in procinto di rientrare), e che io ho avuto modo di osservare grazie a Wyscout, tuttavia, Hachim sembra avere tutto meno che l'atteggiamento.

Schierato come esterno sinistro in un tridente, di supporto a una punta centrale vecchia maniera come Patrick Cutrone, non c'è azione in cui Hachim non cerchi la giocata personalistica, anche impossibile: è come se la partita, in realtà, non sia affar suo, ma un lasso di tempo in cui provare ad impressionare. Quando il Milan segna la prima rete, arriva per ultimo a festeggiare, quasi svogliato. E anche l'assist per il gol del 5-0, in cui allunga leggermente la gamba per toccare una palla in profondità verso il centravanti che finalizza il contropiede, l'impressione è che quel gesto di stendere le leve non sia uno sforzo, ma un non poterci, o volerci, arrivare.

L'esordio con la Primavera rossonera, contro l'Albinoleffe. Anche per segnare al volo non ha bisogno di un assist, se lo prepara da sé.

La Red Bull, che non ha mai fatto mistero di credere fortemente negli investimenti nel mondo del calcio, l'ha scelto come testimonial già un paio di anni fa. Tutta questione di saper inquadrare un target di riferimento, e capire che ruolo può ricoprire Mastour nell'immaginario di quel target. Nella fattispecie, Hachim è fatto della stessa materia di cui sono fatti i sogni dei consumatori (sogni frizzanti e dallo stucchevole aroma fragolino).

L'immagine che gli sponsor vogliono veder sprigionare da Mastour è quella del vincente, che casomai non si diverte a vincere, ma che vince divertendosi.

Hachim arriva alla Red Bull Arena di Salisburgo per affrontare Neymar Jr indossando occhiali dalla montatura vistosa ma sbarazzina, che gli fanno una faccia da ragazzino intelligente ma allo stesso tempo tracotante. Ogni suo atteggiamento significa e smentisce il medesimo concetto: non sta scritto da nessuna parte che l'umiltà e i sorrisi serafici della sfida debbano annullarsi l'un l'altro, o essere in antitesi.

Dopo aver sconfitto Neymar sul campo, i due si sfidano alla consolle. Ovviamente, Neymar sceglie il Barça; Hachim, che gioca con il Real, ha l'aria del liceale che pur riconoscendo l'autorevolezza del professore pensa che sia solo una questione di tempo e di lauree, arrivare al suo livello. E che in ogni caso direbbe «dài prof, scialla che stasera passo a prendere tua figlia per portarla un po' a divertirsi». Accompagna ogni rete con una smorfia di incredulità, poi irride l'avversario quasi pentendosene subitaneamente: alla fine sta pur sempre battendo Neymar, che si incazza in portoghese, anzi lo sta proprio umiliando; eppure «per me la cosa più importante è stata riuscire ad incontrarlo».

Tra i due si inscena un gioco di ribaltamenti semantici: c'è un altro video in cui un gamer professionista di FIFA fronteggia Hachim, prima sul campo e poi sul divano. Dalla prima sfida, ovviamente, il gamer esce distrutto. Anche dalla seconda, ma non era così scontato. Nello scontro con Neymar, è Hachim che sembra il geek chiamato a sfidare il campione.

Il messaggio subliminale potrebbe essere che devi averci un po' di faccia tosta, per diventare il migliore. Oppure, senza troppe sovrastrutture, dritto e diretto come le conclusioni dell'onniscienza sedicenne, che tutto è possibile, basta crederci. E in ogni caso, ma quant'è bello crederci?

Il mio video preferito della miniserie Trickology, in cui Hachim spiega gesti tecnici tipo l'elastico, il sombrero, la pedalata come se li stesse spiegando al cuginetto più piccolo, e poi invita tutti alla sfida (ovviamente sui social network, hashtag #comehachim). L'ingresso sembra quello dei cantanti di X Factor, e in generale tutto il contesto ricorda i forum di videogamers in cui ci si suggeriscono gabole e tricks.

Il Real Madrid, per ora da avversario

Il 30 dicembre scorso il Milan ha affrontato in una partita amichevole, a Dubai, il Real Madrid. L'aggettivo amichevole porta con sé tutta una serie di implicazioni, come i risultati bugiardi, i calciatori indolenti e a mezzo servizio, le squadre infarcite di seconde linee. Ma la geolocalizzazione a Dubai, in un certo senso, richiede come presupposto la sospensione di almeno un paio di limitazioni: è per questo che Hachim Mastour può raccontare di aver calcato lo stesso campo—in contemporanea—di Bale, Benzema, James Rodriguez, Kroos (ma non di CR7, che ha comunque giocato un tempo intero, il primo). E non tanto per concessione, quanto quasi per acclamazione.

Quando Mastour entra in campo al 76', il pubblico impazzisce: mi sono fatto l'idea che contro il Real Madrid e a Dubai, combinati insieme, ricreassero l'esatto habitat in cui il pubblico degli emiri non solo lo reclamava, ma addirittura si aspettava Hachim esistesse: una cattività posticcia. Milan-Real, a Dubai, su un campo vero e non alla Playstation, è la realizzazione megalomane di un sogno nato sulle consolle.

Dei quindici minuti di Mastour contro il Real esiste una clip su YouTube: una manciata di quelle corse un po' inutili un po' ingenue con un sottofondo abbastanza swag. Anche se poteva andar peggio, potevano metterci Justin Bieber.

Inzaghi lo ha schierato a sinistra, più esterno di un centrocampo a cinque che punta in un 4-3-3. Nel suo quarto d'ora di gloria, lungi dall'essere wahroliano, l'highest-peak è stato un tentativo di imbeccata per Pazzini, un taglio ad accentrarsi concluso da un lancio in profondità a incrociare, risultato però piuttosto debole. L'essenza profonda del suo esistere in quell'hic et nunc, piuttosto, è tutto nella natura doppia della sua percezione: ai nostri occhi Hachim appare, mentre rincorre Bale senza riuscire a raggiungerlo né scalfirlo, come un ragazzino degli esordienti che entra in campo per la prima volta con i Giovanissimi, con la maglia troppo larga fuori dai pantaloncini e pieno di foga. Un ragazzino che ruba un pallone dalle mani di James per una rimessa laterale che non è sua. Che tiene gli occhi bassi ogni volta che sbaglia un passaggio. Che non guarda in faccia neppure un compagno, come se stesse giocando un gioco tutto e soltanto suo. Ci fa anche un po' tenerezza. Negli occhi degli spettatori dell'Emirato, e in quelli televisivi, Mastour invece è la next big thing che finalmente accade.

Essudare Calcio Moderno™ (e non vergognarsene)

Oltre che con la Red Bull, Hachim Mastour ha un contratto di sponsorship con la Nike che scadrà nel 2022. Vale a dire nell'anno del Mondiale probabilmente più lucrativo di sempre, quello in Qatar. A quel punto Hachim avrà 24 anni, e se non si sarà perso per strada sarà nel pieno della sua maturità calcistica. Potrebbe addirittura essere la punta di diamante della Sua Nazionale.

Nel frattempo Hachim ha già giocato alcune partite con l'Under-17 di Daniele Zoratto. Ha pure affrontato, ironia della sorte, i pari età del Qatar.

A febbraio ha iniziato a circolare la notizia secondo la quale Mastour avrebbe deciso di difendere i colori del Marocco. La fonte, affidabile il giusto, sarebbe Mustapha Medhoun, magazziniere del Milan, padre a sua volta di Abdelkerim Medhoun, giovane uscito dalla cantera rossonera passato anche dallo Spezia, che oggi sembrerebbe svincolato.

Verosimilmente Hachim sceglierà di ripercorrere i passi del suo idolo e quasi-coetaneo El Shaarawy; ma non sarà importante la maglia che vestirà, la bandiera che porterà sul petto, perché sarà un'icona globale, transnazionale.

Quando il calcio sarà diventato quello contro il quale molti oggi si scagliano, quando i tifosi sugli spalti saranno un orpello e dominerà la multimedialità globale, quando il Calcio Moderno™ avrà trovato definitivo compimento (e il Mondiale qatariota ne sembra la cerimonia d'inaugurazione perfetta), Mastour avrà tutte le carte in regola per diventarne il portavessillo.

È da lì che viene, ed è lì che va. Tutto molto naturale. Per questo non ci troverà niente di cui vergognarsi. Ed è anche per questo che è uno dei miei Preferiti.

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